Sono passati ormai più di due anni dai giorni in cui, insieme a Captivita, abbiamo ideato, progettato e realizzato l’esperienza di “The Orphanage”, un gioco di fuga dal vivo ambientato in un orfanotrofio semi-abbandonato ricostruito in un palazzo storico del centro di Cagliari.
Sono passati ormai più di due anni, eppure, ancora ci emozioniamo quando i gruppi che vengono (venivano prima del lockdown del Covid-19) a giocare da noi all’escape, la ricordano come “l’esperienza più bella e divertente mai vissuta”, con gli occhi lucidi e grandi sospiri di nostalgia.
Sono passati ormai più di due anni, eppure, anche noi lo ricordiamo ancora come un periodo estremamente intenso e stancante, ma anche ricco di divertimento e soddisfazioni. “Salutiamo il sole perchè lo rivedremo domani mattina”, ci dicevamo alle 15 prima di entrare in sala regia, rinchiusi anche noi a lavoro per creare qualcosa di unico e di mai visto a Cagliari sino a quel momento, consapevoli che fino a mezzanotte non avremmo messo piede fuori da lì.
The Orphanage, come dicevamo, è stato un bel lavoro di squadra, nato dalla collaborazione tra due escape room, la nostra Lost Room e appunto quella degli amici di Captivita. Avevamo in mente di creare un’esperienza di questo genere insieme già dall’anno precedente, ma eravamo alla ricerca della location perfetta, per partire con un evento che fosse realmente “da paura”. Poi un giorno di gennaio, quando lo vedemmo, capimmo immediatamente che “quello” era il posto giusto. Cercavamo una casa maledetta, ma la struttura non era adatta per ciò che avevamo in mente. Era, invece, perfetto per creare un orfanotrofio spettrale e inquietante.
Nacque così la storia della direttrice Andrea, orfanella bielorussa mai adottata e cieca dalla nascita, che a causa dei suoi traumi legati all’abbandono e alle violenze subite, si trasforma in una terribile collazionatrice di occhi sociopatica e psicopatica. L’unico amico che ha è Martino, anche lui orfanello traumatizzato, cresciuto e divenuto adulto, ma ancora convinto di essere un bambino, che vive nel terrore all’interno della sua celletta d’isolamento. La direttrice ha bisogno di nuovi occhi per la sua collezione e invita potenziali investitori interessati alla struttura a visitare il suo orfanotrofio (i giocatori), ma crea per loro una trappola mortale. Non usciranno mai da quel luogo maledetto, perchè lei vuole ucciderli e strapparli gli occhi, come ha fatto con tutti i bambini e tutti coloro che sono entrati nell’orfanotrofio prima di loro.
L’unica speranza che i visitatori hanno per salvarsi è scoprire i segreti del terribile orfanotrofio, liberare Martino dall’isolamento e farsi aiutare da lui per chiamare i soccorsi e far arrestare la direttrice. Tra enigmi in codice braille, medicine al lampone, macchinine nei sottoscala, improbabili preghiere intorno al tavolo, gioco della mosca-cieca e allucinazioni e suggestioni di vario genere, i visitatori compiono un oscuro viaggio nell’orrore, un gioco al buio proibito, ricco di colpi di scena e di qualche momento di truce ironia, fino a rubare la preziosa bacchetta da cieca della direttrice e a metterla fuori gioco.
La partecipazione di una giovane e promettente attrice dall’Accademia di Arte Drammatica di Cagliari nei panni della direttrice ha reso The Orphanage un’esperienza dal grande valore aggiunto, in cui la figura attoriale non è semplicemente lo spaventatore di turno (la comparsa o il figurante che salta fuori all’improvviso per far saltare di paura il giocatore) ma un professionista che diventa un personaggio con il quale interagire, parlare, confrontarsi durante il gioco e per andare avanti nell’esperienza. E la difficoltà del game play di The Orphanage stava proprio lì: nell’uscire dalla classica dinamica di ragionamento da escape room e seguire gli indizi e gli attori, passo dopo passo, enigma dopo enigma, alla scoperta di una storia misteriosa.
La presenza di pochi lucchetti con gli enigmi completamente funzionali allo sviluppo della narrazione ha trasformato quella che poteva essere una semplice grande escape room di un’ora e mezza in una esperienza di gioco a caratterizzazione teatrale e cinematografica.
La scelta di ricostruire le scenografie solo con oggetti vintage e mobili d’epoca, dallo studio della direttrice con alcuni mobili primo novecento, all’aula con i banchi, dall’infermeria ai lettini del dormitorio, la colonna sonora interattiva che cambiava a seconda del momento del gioco, l’empatia che si sviluppava nei confronti del personaggio di Martino nonostante il terrore, i nascondigli e i passaggi segreti nei quali infilarsi come bambini, l’assenza del timer e degli aiuti nella classica modalità escape room, in The Orphanage rappresentano tutti quegli elementi che vanno a definire un’esperienza come realmente immersiva, durante la quale, cioè, ci si dimentica di tutto quello che c’è fuori e ci si dimentica persino di partecipare ad un gioco.
La domanda che sporge a questo punto spontanea in chi legge sarà: “Ma se era così figo, perchè The Orphanage è durato così poco e non lo avete riproposto?” Perchè, signori, non è semplice purtroppo trovare gli spazi adatti per questo genere di esperienze e perchè lo sforzo produttivo per realizzarle è davvero grande. E, forse, è nella sua durata limitata una componente importante del suo fascino. Come recita uno dei più antichi proverbi del mondo “Il gioco è bello quando dura poco”. La sua natura effimera ha consegnato definitivamente “The Orphanage”, in ambito Escape a Cagliari, alla leggenda, rendendola mito, rimpianto, ricordo, incubo ricorrente di un’intera generazione di giocatori (soprattutto se si ha avuto la s-fortuna di finire in isolamento con Martino o di farsi toccare i piedi da lui quando era sotto il letto)
Prima del lockdown eravamo (come sempre) alla ricerca di una nuova location per una nuova esperienza di questo tipo, ma come sempre ci scontravamo con le solite problematiche, legate ad un mondo rimasto un passo indietro rispetto ai tempi e ai modi dell’intrattenimento contemporaneo. Chissà se, quando tutto questo sarà finito, il mondo cambierà e ci sarà più spazio per nuove esperienze di questo tipo. Sicuramente, è una delle cose che speriamo e che ci auguriamo per il futuro.
Qui sotto trovate il video realizzato con una GoPro in testa ad un giocatore durante un turno di gioco. Cliccate sul pulsante per vederlo sulla nostra pagina Facebook.
Qui, invece, un articolo uscito sulla stampa locale: https://www.vistanet.it/cagliari/2018/03/27/the-orphanage-arriva-a-cagliari-la-prima-escape-room-2-0/